Formazione Febbraio 2020 Arborvitae

La formazione di febbraio si apre con il commovente discorso al parlamento europeo della Senatrice Liliana Segre sopravvissuta all’Olocausto. Da poco è passato il giorno della memoria. Liliana ci porta alle radici del male e della sofferenza, con i piedi piagati scalzi nella neve, ci troviamo a sentire la fatica di disporre un passo dietro l’altro, senza potersi aggrappare a nessuno, se non a sé stessi, alla “forza della vita”, al desiderio forte di sopravvivere nonostante tutto.

Siamo con Liliana e altre 50 mila persone, nella marcia della morte a stupirci per il male altrui. Ragazzini scheletrici, in silenzio, svuotati della dignità, senza più lacrime, ridotti a bestie a brucare nella neve in cerca di qualcosa per nutrirsi in mezzo al letame.

Una ferita che diventa dovere di testimonianza. Una ferita che ancora brucia 80 anni dopo.

Persone, paesi interi, singoli individui hanno operato una scelta. Molti, moltissimi, si sono girati dall’altra parte, hanno fatto finta di non vedere, hanno badato solo al proprio piccolo interesse, dicendosi “infondo non mi riguarda”. Denunciando il vicino, appropriandosi delle sue proprietà, lasciando morire di stenti nella neve anziché offrire un tozzo di pane. Liliana ci riporta al dovere di scegliere, alla responsabilità, all’indifferenza complice e alle sue terribili conseguenze.

Liliana dice di sé, rientrata a Milano dalle sue coetanee dopo la sua terribile esperienza “ero disgustosa, selvaggia, ferita”, criticata da chi la voleva rispecchiare la ragazza borghese dalla buona educazione. “Ero come una bestia”, una sconosciuta agli occhi di chi non era in grado di vedere. Dentro di lei le urla, il freddo, la fame, la morte.

Oltre il filo spinato può esserci una farfalla gialla che vola, come immagina nella sua innocenza una bambina strappata alla vita dalla follia del male, ma perché ci sia, ognuno deve alimentare la speranza, aggrapparsi alla vita, fare i conti con le conseguenze delle proprie scelte.

A partire dal discorso della Senatrice, si apre la riflessione della giornata della formazione. Il lavoro nel sociale ci fa sentire sempre più simili ad una minoranza che rischia l’estinzione, o che di certo si difende dai continui attacchi del discredito. Le vite di sofferenza degli ospiti nelle nostre comunità ricordano la necessità di attraversare un inferno un passo dopo l’altro, e gli operatori si trovano spesso a divenire ricettacolo di ogni forma di reazione violenta, di ogni dispiacere, di ogni ferita. La comunità allo stesso tempo viene a volte vista con gli occhi dell’illusione: un comodo paradiso dove tutto troverà pace e si risolverà. Si tratta invece più di una difficile marcia quotidiana da fare insieme, in un cammino di cambiamento.

La formazione inizia ricordando l’organizzazione del nostro operare e i valori di riferimento.

La cooperativa arborvitae, insieme all’associazione arborvitae e l’associazione tesori si occupano dei nostri servizi. A capo un consiglio amministrativo di tredici membri, di cui dopo dieci anni gli ospiti se lo desiderano possono entrare a far parte, sedendo al tavolo delle decisioni, in un’ottica di garanzia, tutela e compartecipazione. Vi è un Presidente Marco Burdese, una vicepresidente Aurora Giacosa, l’avvocato Barbero si occupa delle questioni legali e amministrative. Responsabile della casa per donne e bambini è la dott.ssa Giovara con un team di quattro donne. Della comunicazione, se ne occupa la sottoscritta Isaura Nucci insieme ad Alessio Nobile, responsabile di Casa Bosticco, comunità di reinserimento e risocializzazione. Irma è la responsabile del servizio di pulizia della sezione b della cooperativa, Bleadi della sezione delle aree verdi. Domenico è l’ospite responsabile della sezione degli orti.

I valori della nostra cooperativa riguardano l’agire solidale, inteso in senso circolare: l’occuparsi dell’altro che a sua volta a suo modo si occupa di me, in uno scambio relazionale. L’agricoltura sociale come veicolo di protagonismo individuale, di dignità, di occupazione, di contatto con la terra e la natura, con il ciclo della vita. Lo sviluppo sostenibile, come preziosa ricchezza così che l’impegno sia volto a rendere la crescita proporzionata, le risorse siano reinvestite garantendo il sostentamento di tutta l’organizzazione. La vita comune, la decrescita felice, il lavoro, il tempo libero. La dimensione spirituale della fede.

La visione della comunità della cooperativa è figlia della concezione della stessa di jean Vanier, che è stato maestro per due anni del Presidente Burdese. Non tutte le persone possono beneficiare della vita comunitaria, non tutti sono pronti o ben disposti a quello che comporta e significa. Una buona frase che rappresenta un buon inizio per la comunità è “ho bisogno della comunità, ma non so se loro hanno bisogno di me”. Riconoscere cioè un proprio limite e saper chiedere all’altro. In molti dicono invece “non ho bisogno di voi”, è sempre presente quell’illusione di poter fare da soli, di non aver bisogno di nessuno, la tentazione di nascondere sotto il tappeto quello che non va e continuare a distruggere la propria vita nelle vecchie note strade del passato.

Neanche tutti gli operatori sono fatti per la vita di comunità, nel momento in cui pretendono prima ancora di essere onesti con sé stessi e con l’altro, nel momento in cui non sono disposti a mettersi in gioco, a mettersi in discussione a scendere a compromessi.

La comunità è missione, è guarigione delle ferite in un cammino che passa dall’illusione al radicamento, è memoria di quello che siamo stati, di quello che eravamo con i nostri limiti e debolezze, per essere di esempio e stimolo per l’altro. Comunità è quotidiano, un passo dopo l’altro, è comunione nel senso di intima relazione affettiva l’uno con l’altro, condivisione.

La sostenibilità è un ingrediente molto importante, che passa dall’arte di riparare, di ridurre gli sprechi, a quella di recuperare l’usato, in contrapposizione ad un cieco consumismo. Gli strumenti di lavoro sono sacri, e come tali vanno guardati, e la loro manutenzione è una vera e propria arte che garantisce la durata e l’efficacia del proprio operare.

Il lavoro in comunità non è inteso come una competizione, come uno strumento per arricchirsi ma è un lavoro inteso come quello dei monaci benedettini, un lavoro per vivere, non un lavoro che rende schiavi, un lavoro per il bene comune in cui ognuno fa la sua parte. Il lavoro come dono per gli altri. Un lavoro che è anche responsabilità, per cui chi rompe paga, chi ruba risarcisce e chi non lavora è come avesse tolto nutrimento a sé e agli altri.

Il tempo libero è un tempo difficile perché è lì che spesso si scatenano crisi e discussioni. Un tempo in cui più forte si sente il richiamo della propria sofferenza, di fronte al vuoto dell’attività, si riaffacciano i fantasmi, si è chiamati a fare i conti con il senso della propria vita. E’ molto importante quindi organizzare bene il tempo libero perché diventi momento di rigenerazione, memoria felice, bilancio positivo.

I gruppi di lavoro riflettono su qualità, criticità e proposte. Gli operatori sono concordi sull’importanza di dare ascolto ad ogni parte dell’organizzazione, senza dimenticare anche le parti più funzionanti, che restano a volte sullo sfondo anziché diventare tesoro, ed essere usati come risorsa, valorizzati. E’ necessario rendere riconoscimento ai traguardi, senza farsi assorbire solo dalle criticità. Allo stesso modo non c’è da temere di usare lo scambio, e il confronto, perché la porta è sempre aperta per gli altri, ed è anzi qualità stessa della cooperativa, quella di avere uno sguardo ampio, senza divisioni tra gruppi, cercando di usare le risorse distribuendole in sostegno gli uni agli altri. Se il carico è maggiore e la richiesta è prestare attenzione ad ogni dettaglio senza dimenticare nessun aspetto, quando ci si accorge di non riuscire a ottemperare a tutto, si può far forza anche lì sul gruppo, oltre all’accettare che non si può essere perfetti e che questo non significa che si sono persi di vista i valori che ci guidano nel quotidiano.

I volontari propongono di animare i momenti del sabato sera dei cenacoli, non solo con momenti di riflessione e preghiera ma anche con scambio di esperienze e maggior confronto. Un’idea interessante è anche quella di ampliare i momenti rivolti al tempo libero, con gite e attività. Risulta da incentivare il servizio dei trasporti così da rispondere alle maggiori domande di partecipazione.

Anche il gruppo degli ospiti sente forte la dimensione della solidarietà tra persone, il darsi una mano l’un l’altro il fare ognuno la propria parte di un progetto più grande. Tra le qualità dei valori per gli ospiti c’è anche il clima relazione positivo, la disponibilità, l’ascolto, il rispetto, le parole dette nel modo giusto, il nutrimento, l’attenzione al benessere in una dimensione anche di festa. Vengono proposte attività per i bambini e i ragazzi, la nomina di un responsabile degli strumenti da lavoro, uno spazio per discutere delle criticità, la danza movimento terapia, adottare un cane o altri animali.