Storie di immigrazione: due storie, due percorsi, due finali da (ri)scrivere

Joe dopo aver subito violenze in Liberia, in Italia si è ricostruito una vita e ora ha un lavoro, Mamadouba se ne va “l’Italia mi piace, ma ho paura”

Joe Massem è un gran lavoratore, ma porta su di sé segni fisici che non gli permettono di stendere bene le dita fino in fondo. Ė stato infatti ferito sulle braccia a colpi di machete, quasi letteralmente “affettato”.

Era figlio di un uomo molto importante in Liberia; generale durante la prima guerra, aveva il comando di diverse truppe e dava di fatto sussistenza ad una buona parte della popolazione. Purtroppo, come in tutte le guerre le vittime furono tante e una famiglia di queste, ridotta alla fame, pensò di vendicarsi. E la vendetta travolge spesso anche gli innocenti.

La famiglia di Joe fuggì nelle campagne, lasciando tutto quello che aveva, ma in una fredda notte invernale i loro nemici li trovarono con l’intento di sterminarli tutti. Il padre fu il primo ad essere torturato e ucciso, poi toccò al fratello maggiore, la madre venne violentata e colpita ferocemente, Joe massacrato a colpi machete, calci e pugni fino a perdere i sensi.

Il gruppo di assassini (non c’è mai un vincitore in queste situazioni) fuggì credendoli tutti morti. Invece Joe e la madre sopravvissero seppur con orribili ferite, fisiche e psichiche.

Un ragazzo guineano, dopo averli soccorsi e curati, li ha aiutati a fuggire in Guinea. Joe e la madre sono stati accampati per giorni in un’auto che li ha condotti a destinazione, ma all’arrivo si accorsero che la maggior parte di chi era fuggito dalla guerra era proprio lì.

L’idea dell’Italia è balenata in quel momento, hanno attraversato peripezie e confini e per due anni, dormendo la domenica in una chiesa. Dopo la morte della madre (non si era davvero più ripresa) e aver cercato di racimolare qualche soldino per una sua attività, è arrivato a San Damiano presso Arborvitae dove ha studiato italiano, partecipato a tutte le iniziative facendosi benvolere da tutti, svolgendo qualche tirocinio in Comune per la pulizia strade e aree verdi. Presto lavorerà presso un’azienda di serramenti nel Cuneese.

Finale diverso per Mamadouba Conte, che da tre anni e sette mesi è a San Damiano.

Arriva dalla Guinea da dove è fuggito per i conflitti etnici che hanno coinvolto differenti religioni. Anche gli scontri registrati durante le Presidenziali del 2015, con violentissimi combattimenti, scatenati magari da banalità ma che hanno fatto diverse vittime, hanno fatto decidere un ragazzo che studiava con profitto diritto privato, di fuggire dal suo Paese.

Arrivato in accoglienza ha fatto il percorso con serietà, imparando perfettamente la lingua e integrandosi al punto che da sette mesi svolge il servizio civile all’Associazione Albero della Vita, praticando agricoltura sociale e condividendo la vita di comunità a Casa Bosticco di San Damiano. Da due anni gioca con passione come attaccante nello Spartak San Damiano, in Prima Categoria,  gli vogliono tutti bene, è bravo e apprezzato anche in questo settore.

Ma se ne vuole andare, vuole lasciare un paese che “non capisce più”. “Voglio andare in Francia – spiega – là ho qualche amico e parente che può ospitarmi in attesa dei documenti”. Sì perché dopo un primo diniego, Mamadouba ha presentato ricorso ed è in attesa di sapere quale sarà il suo destino. “L’Italia mi piace – scuote il capo – ma ora è tutto complicato”.