L’allegria del “Riciclone” congeda Casa Bosticco dal 2018

Anche quest’anno è arrivato per gli ospiti di Casa Bosticco e tutti gli amici di questo bel progetto che ha radici buone e felici, il momento del RICICLONE.

Sabato 22 sotto la “regia” di Valentina Pregno, anima del Cenacolo astigiano, ospiti, famiglie, parenti, amici, amici degli amici, operatori, si sono dati appuntamento a Casa Bosticco, per farsi gli auguri in modo particolare ed ecosostenibile.

Se il termine “riciclato” può avere un’accezione negativa, qui è un momento atteso tutto l’anno. Quanti oggetti ci sono nelle nostre case che magari non si utilizzano e magari possono fare felice qualcuno? O essere utili ad altri che magari potrebbero vedere l’oggetto come una risorsa invece di un’inutile “carabattola”?

E poi, la gioia di aprire un pacchetto inaspettato, la risata o lo stupore nel vedere il contenuto è un’emozione che nutre anche lo spirito degli osservatori. E diventa a sua volta un regalo di Natale. Perché se non è vero che “a Natale siamo più buoni”, è sicuramente vero che la magia di questo momento coinvolge le persone. Più che mai una comunità che ha nel suo Dna l’aggregazione e l’aiuto all’indipendenza.

Scrive Enzo Bianchi

“È Pasqua e non il Natale la festa
centrale della fede cristiana. Eppure è il Natale che, in Italia come in
tutti i paesi di antica cristianità, ha
assunto una dimensione di festa di
tutti e per tutti. È il Natale che ancora
oggi, quando il cristianesimo si fa
sempre più minoranza, continua a
caratterizzare anche culturalmente
gli ultimi giorni dell’anno civile. Persino l’ormai onnipresente dimensione ludica e commerciale non può
ignorare l’evento all’origine di quell’atmosfera unica e introvabile in altre stagioni: la nascita di Gesù a Betlemme più di duemila anni fa.
Credo si tratti di qualcosa di molto
più profondo di una pur radicata abitudine culturale: il messaggio cristiano del Dio che si è fatto uomo coglie gli esseri umani nella loro dimensione più intima[…]

Forse è per questo che a Natale tante imprese «impossibili» intravvedono la possibilità di realizzarsi, tanti sogni sembrano così vicini alla realtà: la pace nel mondo, l’accoglienza dignitosa per i migranti, la solidarietà nella società civile,
la giustizia che difende i diritti inalienabili di ogni essere
umano, l’equa redistribuzione delle risorse del pianeta così
da assicurare terra, casa e lavoro a tutti e a ciascuno…
Poi sappiamo bene come questi sogni quasi sempre si
assottiglino in un cessate il fuoco di poche ore, in un pasto
di festa in una mensa per i poveri, in una colletta a favore di
un collega in difficoltà, in una sentenza che ridà dignità all’offeso, in un dono solidale e nell’accoglienza per una notte…

Piccoli gesti quotidiani che appena scalfiscono la corazza dell’indifferenza e del sopruso, piccoli gesti che sovente
consideriamo inutili quando non arriviamo a condannarli
perché li percepiamo come una critica alla nostra indolenza. Eppure ogni anno, tenacemente, molti cristiani e con
loro tanti uomini e donne «di buona volontà» ricominciano
da capo quella gioiosa fatica che non hanno mai smesso di
affrontare, mossi, ispirati o interpellati da quel neonato di
una coppia migrante nella periferia dell’Impero romano.
Eppure, ogni anno, con il ritorno del Natale sembra più facile discernere il povero nei poveri concreti, che sono accanto
a noi, che abitano nel nostro quartiere o che dal nostro quartiere sono stati espulsi. Ogni anno, per qualche giorno ci
sembra possibile affiancare alla consueta «carità presbite»
– quella carità che ama chi sta lontano e lo fa stare lontano
– l’attenzione per il bisognoso accanto a noi, in casa nostra,
in relazione autentica, magari anche scomoda, con noi.
Per questo la lunga stagione di crisi che stiamo attraversando e che si rivela sempre più come crisi innanzitutto etica, sociale e culturale dovrebbe spingerci a vivere
in modo diverso, in modo semplicemente più umano e
umanizzante, la nostra vita sociale. Natale, con la sua
duplice dimensione di tradizione culturale e di messaggio di fede, può interpellarci e aiutarci a compiere passi
concreti, in modo da conoscere una convivenza migliore
e ricominciare così ad avere fiducia gli uni negli altri, a
sperare insieme per tutti, tutto l’anno.
Sì, a Natale i cristiani celebrano e vivono la loro fede
in un Dio che si è fatto uomo, carne fragile e mortale:
sanno che da quella notte non possono più pronunciare
la parola Dio senza accompagnarla con la parola «umanità», sanno che Dio lo incontrano ogni volta che si piegano
sulla carne ferita di uomini e donne che soffrono, sanno
che Natale significa: «Hai visto un uomo quale fratello?
Allora hai visto Dio!”.

Tanti auguri!

 

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