L’uomo dell’impossibile possibile. A un anno dalla morte ricordiamo don Secondo Borio

Un uomo molto importante per la nostra Associazione, per il nostro stile di vita. Il 22 luglio è stato un anno dalla morte di don Secondo Borio.

Nato  ad Antignano il 1° agosto 1927, era stato ordinato sacerdote il 16 settembre 1951 da monsignor Umberto Rossi. Fu vicario parrocchiale di San Pietro, ad Asti, poi vicario parrocchiale ad Agliano e primo arciprete della Ss. Annunziata di Costigliole.

Nel 1969 gli fu affidata la parrocchia di SS. Cosma e Damiano a San Damiano, e dal 1988 al 2014  parroco di San Pietro di San Damiano e, dal ’97 anche di Gorzano.

 

Il 22 luglio 2018, a Forno Alpi Graie (To) si è celebrato l’anniversario del nostro amico, pastore, padre, al presidente Marco Burdese il compito di introdurre la sua memoria di uomo.

L’UOMO DELL’IMPOSSIBILE POSSIBILE

“Don Borio Prete – ha raccontato Burdese – è stato l’uomo dell’impossibile possibile, amico di Don Gasparino, uomo di fede e di preghiera costante non temeva nulla, non di meno le avversità e i debiti pertanto è stato uomo di opere grandi, impossibili per i più: Teleradio San Damiano, Casa Berroni, Albergo di Forno! 

Venne chiamato alla Parrocchia di SS Cosma e Damiano per risanare i debiti del predecessore, eppure mai io, che gli sono stato vicino per molti anni (1987-1994) ho percepito ansia, frustrazione, preoccupazione ma con lui diventava tutto facile, leggero come la sua anima!

Erano opere enormi per quell’epoca, enormi per altri non per lui! Come il denaro che riceveva, mai per lui ma per le opere. Mai l’ho sentito chiedere soldi dal pulpito, alla gente, alle famiglie! Sapeva che tutti faticavano ad andare avanti! Ma lui c’era per tutti, era il vero uomo prete di tutti!

L’UOMO DELL’INVISIBILE

Don Borio Prete è stato l’Uomo dell’invisibile, così vicino a Dio da percepirne la presenza dove nessuno guardava neppure! E’ stato tra i primi ad accogliere i rifugiati, i migranti stranieri. Mi è stato ricordato che i vietnamiti furono i primi. Poi tocco’ agli albanesi. Ero in parrocchia quando lui allestì la sua vecchia abitazione per tre giovani albanesi giunti da Taranto. Finì male quella vicenda, finirono in carcere per spaccio ora però hanno sposato donne italiane e hanno una ditta edile.

Lui fece la sua parte accettando l’apparente fallimento! Ma con tutti vedeva il bello, il buono, il giusto, sembrava un inguaribile ingenuo ma in realtà ci vedeva benissimo, non importava se un giovane uscisse dalla comunità terapeutica o dal monastero lui non poneva limiti alla provvidenza, anzi vedeva un opportunità e un dono da raccogliere! Ricordo una sera andai da lui per dirgli che il fidanzato di una nostra animatrice usciva dalla comunità, apri il portafoglio e mi diede tutto quello che aveva (500.000£) per allestire un laboratorio del cuoio che lui poteva portare avanti, fece lo stesso anche per me quando gli dissi che andavo a studiare e avrei lasciato il lavoro come lui mi aveva consigliato.

Comprai la mia scrivania e una piccola biblioteca per riporre i libri! Vedeva in me quello che nessuno avrebbe visto in un operaio povero e squattrinato: un educatore e un docente! Vide l’invisibile quando mi telefonò in Francia e mi disse che mi voleva parlare: “Devi venire qui a fare ciò che stai imparando, fra qualche anno sarà preziosa una comunità di accoglienza per la Parrocchia”. Quando presi la terza laurea gliela portai, era felice, si trovava in casa di riposo.

PADRE SENZA PROGETTO (apparentemente)

 Don Borio Prete è stato un Padre senza progetto, apparentemente, quando entravi nel suo ufficio potevi restare per ore, ti ascoltava, ti consigliava, non ti metteva mai fretta, come chi non ha nulla da fare di più importante. Se mi chiamava perché aveva un’idea sembrava non ben definita, confusa, aspettava che tu gliela organizzassi, lui dava solo un piccolo imput che si trattasse di oratorio, pastorale, solidarietà, politica, spiritualità, formazione o lavoro. Lui muoveva il paese, mai in prima persona, mai al centro, mai da protagonista, non conosceva la patologia di questo secolo: il narcisismo! Ne era l’antitesi!

Ho capito col tempo quale fosse il suo progetto, oggi guardandoci tutti possiamo vederlo: ognuno di noi era il suo progetto, gli bastava, la cosa più importante che avesse, eravamo noi, ognuno di noi con i suoi doni e i suoi limiti, guardandoci oggi solo negli aspetti meritevoli di essere raccontati, forse lo possiamo rivedere, ri-ascoltare, amare; la profezia realizzata del suo testamento spirituale”!

IL RICORDO PERSONALE

AUTENTICO BUON SAMARITANO

Per scrivere cosa sia stato Don Borio per Casa Bosticco posso farlo a partire del suo ruolo nella mia formazione personale.

E’ stato il mio parroco, il parroco della gente, del concentrico come dell’ultima casa frazionale, il pastore della mia infanzia, il catechista per alcuni anni, il docente di religione alle scuole medie, con lui ho servito Messa per tutta la mia infanzia, lo accompagnavo a benedire le case a San Grato, le quaranta ore, la messa domenicale fino all’animazione della stessa con gli ultimi anni di Radio San Damiano con gli amici Paolo e Valter.

Dopo il trasferimento di Don Piero mi ero allontanato dalla Parrocchia, frequentai discoteche per quattro anni, lui mi cercò, mi invitò a un riunione e mi riaccolse nell’animazione dell’oratorio, non mi ha mai fatto sentire abbandonato. Il Don aveva questo dono straordinario di accogliere le persone e di farle sentire suoi figli per sempre. Mi ha trasmesso un’immensa fiducia, ne avevo bisogno, non ho mai avuto una grande autostima forse per questo è stato enorme il suo apporto di educatore!

Quando mi sedevo davanti a lui e a quella grande scrivania stracolma di libri e scartofie mi faceva sentire la persona più importante al mondo, al di là di ciò che stessi portando avanti con lui : tu eri il suo progetto! Non mi sono mai sentito strumentalizzato, usato, sfruttato eppure ho condiviso tutto il mio tempo libero dai 21 ai 26 anni nell’animazione dell’oratorio, dalla creazione della “Comunità Giovani” nella sua ex canonica (attuale sede del Melarancio) con Claudio Berardi, Beppe Liva, Maurizio Buriasco, Claudio Ramello, Carmela, Daria e 100 altri volontari. Sotto il suo sguardo benevolo si era realizzato un oratorio straordinario che coinvolgeva centinaia di bambini, ragazzi di strada, giovani e adulti: il primo Carnevale in piazza per tutto il paese, l’Estate Ragazzi che iscriveva fino a 200 bambini, i lab-oratori del dopo catechismo, i corsi per animatori, le programmazioni annuali, i ritiri mensili, l’adorazione settimanale, la partecipazione ai deserti alla Città dei Ragazzi di Don Gasparino e alle comunità di base. Dopo due anni di animazione sentivo il bisogno di formarmi, lui mi sollecitò a lasciare la WAY ASSAUTO dove lavoravo come impiegato per riprendere gli studi, mi propose di tenergli aperto l’oratorio mentre studiavo e lui in cambio mi avrebbe aiutato a pagare gli studi. Gli spiegai che mio padre non avrebbe capito una simile follia ma alla fine segui il suo consiglio: divenni educatore professionale.

Fu sempre lui a farmi candidare alle elezioni comunali e a sostenermi: non sapevo nulla di politica, era un maestro di diplomazia, conosceva tutti e ciascuno con minuzia di dettagli. E’ stato un padre buono che confermava nel successo ma non toglieva la sua mano dalla tua spalla nel fallimento. Anche quando fini il mio percorso del seminario, mi restò vicino nell’esperienza in Francia con Jean Vanier.

Per dimostrarlo concretamente fece arrivare in Francia l’abbonamento alla Gazzetta d’Asti attraverso un progetto delle Suore Rosine: lo mandavano a tutti i missionari, io non ero un missionario, solo un pellegrino alla ricerca della sua strada, ma  era importante leggere di San Damiano abitando a 950 km di distanza: allora i cellulari e internet non esistevano. La sua telefonata arrivava sul fisso della comunità puntuale ogni mese,

Fu in una di quelle ‘chiamate’ a giugno del 2000 che mi disse: ”quando torni a casa, passa da me, ti devo parlare”. Non chiamava mai per cose banali, ricordo che ero molto curioso di ciò che volesse dirmi. L’incontro fu durante il mio rientro di luglio del 2000, era felicissimo, entusiasta come sempre, accoglieva con un grande sorriso e una debordante risata, sembrava comunicare  di essere la ragione della sua felicità: credo che ognuno dei suoi ragazzi si sentisse così!

Mi disse: “Marco, devi fare qui, nel tuo paese ciò che stai imparando con Jean Vanier, sento che ce n’è bisogno e ce ne sarà sempre di più in futuro: i giovani, oltre all’oratorio devono vedere dei segni concreti di solidarietà verso i più deboli.” Gli risposi che era una follia pensare di riprodurre senza risorse delle strutture di accoglienza, le persone deboli c’erano, i volontari anche ma i soldi? Dove avemmo trovato tutte quei fondi? Lui mi rispose: ”I soldi non sono mai il problema, quando Dio vuole che realizziamo un’opera per i suoi figli più deboli i soldi li trova Lui”.

Don Borio è stato uno straordinario uomo della provvidenza, aveva il dono di trovare risorse ma mai per se stesso, viveva poveramente: in un angusto cucinino mangiava pasti frugali, quando invitava a condividere non sapevi mai se bastasse per entrambi.

Casa Berroni era molto fredda, ma credo fosse abituato alla vita povera, aveva infatti lasciato la moderna canonica ai giovani.Che gesto straordinario fu per noi, quello di ricevere una casa intera dedicata al nostro tempo di crescita.

Finalmente decisi di rientrare in Italia, Gio, Dino, Giancarlo, Terry vennero a prendermi.

1 settembre 2000 ero a casa. Don Cravero mi aveva proposto la responsabilità della comunità di San Benedetto Belbo, rivolta ai ragazzi ex tossicodipendenti con patologie psichiatriche. Don Borio con Don Antonio Delmastro mi chiesero di tornare ad occuparmi dell’oratorio SS. Cosma. Lui in modo particolare mi spinse a proseguire gli studi: “se vuoi fare qualcosa di buono per gli altri devi prepararti molto, studia!” Gli consegnai molti anni dopo una copia della laurea magistrale, era felicissimo.

Tutti gli anni, per Natale andavo a fargli gli auguri, lui mi chiese come andava il progetto, io gli chiesi quale?: “La casa dei tuoi zii, ho sentito che vogliono donarla alla Parrocchia”, Gli risposi che alcuni dei parenti avevano espresso questo desiderio, ma che non se n’era più parlato.

Anche stavolta Don Borio aveva visto lontano: il 13 luglio 2013 la casa ormai abbandonata di San Giacomo 1, fu donata alla Parrocchia SS.Cosma con il vincolo di diventare casa per persone portatrici di sofferenza psichica e mentale in memoria dei suoi proprietari. Nasceva il progetto di Casa Bosticco! Lo stesso giorno nasceva l’associazione L’albero della Vita onlus. Lui non si fermò li, per confermare le buone intenzioni fece ciò che serve in questi casi: mise mano al portafoglio! Mi fece notare che il Buon Samaritano di straordinario fece solo questo: “pagò il conto all’oste che si prese cura del malcapitato” Mi disse: “io non sono capace di avviare una struttura di accoglienza così delicata ma posso darti un piccola mano”. Tirò fuori un grande busta, dentro c’erano dei titoli bancari per 36.000.000 di vecchie lire, 18.000 € circa. “Vedi, avevo preso questi titoli, ma non sono andati bene, stai dietro al loro andamento, quando crescono vendili e così non dirai più che non hai un lira per aggiustare casa Bosticco.”. Poi con una risata delle sue me li mise tra le mani. Era come se Dio stesse per dare un calcio nel sedere alla mia poca fede e mi sussurrasse: “smettila di pensare di essere tu a dover costruire” questa era la prova del primo mattone! Ne arrivarono molte altre fino all’inaugurazione il 30 settembre 2010.

La sua ultima volta a casa Bosticco fu alla festa dei 15 anni di associazione L’albero della vita, a luglio 2016, era già molto stanco, claudicante, ma lucido! Al vedere le molte opere nate a partire dalla casa madre era felice, raggiante, commosso. Quando lo ringraziai pubblicamente di quella fiducia sconfinata che ci aveva dato, di quell’amore di padre, di quel gesto grande, concreto, indispensabile per trovare il coraggio di ristrutturare una comunità che ad oggi è costata oltre 600.000 €, lui rispose: “ma io non avevo dubbi di aver investito bene”. Da quel primo seme oggi la nostra associazione L’albero della vita onlus e la Cooperativa Arborvitae accolgono più di 100 persone in difficoltà.

Il Don è stato un grande educatore, ha fatto si che ognuno dei suoi giovani, al di la della sua storia, dei suoi talenti, ancora oggi portasse avanti l’opera di Dio, ognuno nel suo lavoro, nella sua vocazione ha sviluppato quel buon seme delle Parola che lui ci ha seminato in tanti anni di apostolato. Suore, sacerdoti, operatori sociali, professionisti, amministratori, padri e madri, in quanti gli devono i passaggi determinanti della loro realizzazione? Io sono uno di loro, fiero, consapevole, grato che senza il Don non avrei potuto fare nulla.

Casa Bosticco ha avuto molti benefattori ma sento la necessità di affermare che Don Borio è stato certamente un protagonista silenzioso della sua genesi, un autentico buon samaritano.

Marco Burdese

Alcune immagini della giornata a Forno

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