“UN MONDO MIGLIORE”

La formazione di Luglio 2020 ci porta a riflettere e interrogarci sulla questione etica del nostro agire nel lavoro sociale. Cosa è bene e cosa è male. Non basta una vita per darsi una risposta. Esiste una Verità valida per tutti? Qual è il fine che guida l’agire umano, quale il senso? Può una vita “spericolata” come quella cantata e vissuta dal Vasco degli anni 80 trasformarsi in uno sguardo limpido privo di imbarazzo, come quello del cantautore di questi giorni, che guarda dritto negli occhi chi ha di fronte, aperto alla speranza e alla ricerca di senso?

Gli ospiti ripetono le frasi delle canzoni di Vasco, mentre le note scorrono di sottofonodo, battono le mani, si lasciano coinvolgere dal tema. Molti di loro hanno avuto vite spericolate, sono andati al massimo, senza freni, liberi e si trovano oggi a interrogarsi su cosa non ha funzionato e se potranno anche loro cambiare e trovare una serenità nuova, finalmente una pace. Le canzoni arrivano dritte al cuore e alla pancia. “Siamo soli” commenta qualcuno.

Quello che di diverso c’è, nell’uomo in bilico sulla follia, è il riuscire a trovare un equilibrio: la Legge Morale dentro di lui e il cielo stellato sopra di lui. Sempre più come operatori siamo chiamati ad osservare che non è possibile la responsabilità quando prevale la necessità. Le scelte responsabili vengono meno quando il bisogno prevale, la condizione affettiva ed emotiva ha il sopravvento.

Anche l’etica si apprende, attraverso l’esempio, attraverso un atto pedagogico che fa agire responsabilmente. Ad esempio l’apprendere a “riparare” ciò che si è rotto è un esercizio etico. Risarcire un danno, un errore, una ferita. Quando si rompe la fiducia se ne pagano le conseguenze.

Gli operatori sono chiamati ad interrogarsi sul proprio agire. Ogni volta che si pronuncia un “no” questo deve essere inserito in un pensiero, ogni volta che si sceglie cosa è bene e cosa è male stiamo esprimendo il nostro ethos. Ogni azione è una scelta. Dietro ogni scelta è necessario un pensiero. Scegliere è assumersi una responsabilità. Questo non rende immuni dall’errore ma obbliga al confronto e alla riflessione.

Ogni uomo agisce in vista di un fine, l’alternativa è l’assenza di desiderio, l’assenza di vita. Per questo chi non ha un fine desidera la morte. La morte è contagiosa e diventa una persecuzione per chi è vicino a chi la vive.

Il fine ultimo è la felicità. Dentro di noi albergano due anime una razionale (la ragione) e una irrazionale (emotiva), entrambe si esprimono e possono alternativamente avere il sopravvento e orientare le scelte e le azioni. Conoscerle e dialogare con entrambe è avere un faro che illumina il cammino.

Ci sono vari modelli etici che talvolta sono inconsapevoli, non direttamente espressi ma che si manifestano a ben guardare nelle persone, nei servizi, nelle idee anche sociali e politiche intorno a noi. Per alcuni al centro c’è la ragione che guida tutto, in una fiducia cieca nella dimensione razionale. Per altri la scelta sull’agire si basa sull’utilità.

Per altri la guida sono i sensi e il piacere. Sullo sfondo degli empiristi ed edonisti vi è la convinzione che la vita sia priva di senso.

Per i fautori dell’etica del discorso la norma ha valore solo se ottenuta partecipando. Questo lascia presagire quelle infinte discussioni che non vengono mai a capo di una soluzione.

Per la teoria contrattualista quello che conta sono gli accordi sui diritti comuni, per il positivismo giuridico si agisce sulla base di ciò che dice la Legge. Per chi ha fiducia nell’intuizionismo i valori fondamentali sono intuiti dall’uomo sulle questioni importanti.

Per costruirsi una coscienza morale è necessario riflettere sulle scelte.

Il problema che si patisce, fa accedere ogni incontro. Lo stupore dell’incontro istruisce su cosa si desidera inconsapevolmente. Dietro la malattia mentale non c’è che un tentativo di salvarsi. La malattia è la salvezza. E’ la risposta al sentirsi rifiutato, alla solitudine, alla ferita dell’abbandono.

“Ama il prossimo tuo come te stesso. Il prossimo tuo: ecco te stesso”.

Gli ingredienti fondamentali per costruire la propria coscienza morale passano dal bene ricevuto nell’essere stati figli, nelle relazioni primarie, nella dimensione affettiva relazionale. Il bene che viene donato nell’essere genitori trasforma la propria visione, scardinando le proprie coordinate esistenziali. Altra dimensione è quella dell’etica vissuta e sperimentata nella propria vita, quella che era presente nelle nostre famiglie che ci è servita da modello ed esempio e che ha strutturato i nostri valori e i nostri obiettivi. Questi due punti sono i cardini su cui agire per ristrutturare esistenze ferite e carenti, dissolute e destrutturate. Per interrompere quello che sembra un destino, un’abitudine, per rinegoziare nuove prospettive, introdurre nuovi valori, ritrovare una speranza.

La comunità protegge perché offre queste due dimensioni, affettiva ed etica. Nel limitare la libertà, nel contenere l’eccesso, nel ristabilire dei confini offre di fatto una dimensione di felicità. Non esiste libertà senza regole.